LA SALTACAVALLA (zompacavallë)
E’ un gioco di squadra, nel quale si manifesta evidente un sentimento di rivalità tra chi stà sopra e chi stà sotto. I concorrenti vogliono dimostrare la propria abilità motoria, la capacità di equilibrio, la personale resistenza.
Regole
La saltacavalla Molisana (zompacavallë o cavall luong) si gioca tra due squadre di medesimo numero di concorrenti. Si tira alla conta (z mena ru tocche) tra i due capisquadra e la squadra di quello che perde va sotto. I “sotto” debbono formare una specie di cavallo-umano: si mettono uno dietro l’altro con il capo e il busto piegati in avanti, e con le mani che afferrano i fianchi di chi li precede, partendo da un appiglio solido (muro, pianta). A volte l’appiglio è un ragazzo “fuorigioco” che può fungere anche da arbitro e che viene chiamato, a seconda dei luoghi, con nomi diversi (nel nostro paese il nome usato è quello di “mamma”). I giocatori dell’altra squadra, quella che va “sopra”, prendono uno alla volta la rincorsa e saltano, mettendosi a cavalcioni sulla schiena di quelli che hanno formato il “cavallo”. Dopo che hanno saltati tutti, se il cavallo-umano cede e i concorrenti cadono a terra, i ruoli restano gli stessi e si passa ad un nuovo turno di salti. Altrimenti, se quelli che stanno sotto resistono secondo un tempo determinato (di solito la “mamma” conta fino a dieci), i ruoli si invertono. E si invertono anche nel caso in cui uno dei saltatori dopo aver saltato cade o, più semplicemente tocca terra con una parte del corpo. In taluni casi possono assegnarsi anche punteggi. Fermo restando i ruoli e la loro inversione, secondo quanto appena descritto, può essere assegnato un punto alla squadra che riesce a resistere a cavalcioni o a quella che riesce a far cadere gli avversari. Vince la squadra che raggiunge per prima un punteggio prestabilito.
Simbologia
La zompacavallë (cavall luong) richiama la simbologia dualistica del cavallo e del uomo-cavallo, ascritta al rapporto uomo-animale comune a tutte le culture. Il cavallo è il protagonista di molti rituali competitivi (giostre equestri, palii) e, reso oggetto, è altresì usato come giocattolo (cavallo a dondolo) oppure come strumento di sport (cavallo con maniglie).
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LA CORSA COL CERCHIO (cerchië)
Questo gioco era diffuso un po’ in tutta l’Italia. In alcuni luoghi del Molise è chiamato rotacannëllë o semplicemente rota. In altri è denominato cerchië, come a Santa Croce di Magliano, oppure mazza e cerchië.
Strumenti
Per giocare alla corsa con il cerchio occorre un anello metallico di adeguato diametro, che funge da ruota. In talune tradizioni era realizzato riciclando il cerchietto di zinco che si poteva recuperare dai secchi un tempo usati per prelevare l’acqua dai pozzi e che, appunto, erano forniti di fasce metalliche circolari. Il cerchio è spinto e fatto rotolare per mezzo di un’asta metallo (mazza), la cui estremità inferiore è stata modellata a “U” in modo da ottenere una sorta di gancio che serve a guidare la ruota. Tale asta può essere realizzata anche con un bastone alla cui base è inserito il gancio metallico ad “U”.
Regole
Ogni giocatore dovrà percorrere col cerchio-ruota un percorso prestabilito e disseminato di ostacoli. Il cerchio può essere mosso e guidato esclusivamente con la mazza. Durante la corsa, la ruota non deve cadere. Quando ciò accade, il giocatore può ripartire da dov’è caduta, ma gli viene assegnata una penalità. Si subisce una penalità anche in caso di mancato superamento di un ostacolo. Vince chi, col minor numero di penalità, conclude il percorso realizzando il tempo migliore.
Simbologie
Il cerchio non ha inizio e nè fine, né direzione e né orientamento. La sua forma è il più importante e diffuso simbolo geometrico. La filosofia platonica vedeva nel cerchio la figura perfetta. Il cerchio, inteso come ruota, ha molti valori simbolici: ruota del tempo, ruota della vita, ruota della fortuna.
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LA CORSA NEI SACCHI
La corsa nei sacchi è uno dei “magnifici quattro” giochi popolari, insieme all’albero della cuccagna, al tiro alla fune e al gioco delle pignatte. Infatti, così come gli altri tre, è conosciutissimo e praticato in tutta Europa. La ragione di ciò risiede nella sua semplicità. Per giocarlo basta avere alcuni sacchi di juta nei quali i concorrenti s’infilano, reggendoli all’altezza del petto, e poi, in tale posizione, essi saltano a piedi uniti verso la linea di arrivo. Vince chi raggiunge per primo il traguardo. Chi cade non è eliminato, perde solo del tempo prezioso. Può, infatti, rialzarsi e continuare. Questo gioco rientra nella tipologia delle “corse difficoltose”, la cui variante più diffusa è quella della corsa detta a “tre gambe”, dove si partecipa a coppie: in ciascuna coppia si lega la caviglia sinistra d’un giocatore a quella destra del compagno, poi si corre a “tre gambe”. La corsa nei sacchi ha quale caratteristica il correre-saltare. La corsa e il salto sono elementi tipici di moltissimi giochi, riti e sport.
La corsa ludica
La funzione ludica del correre è diffusa in tutte le culture. Basti considerare quanti sport dell’atletica hanno a che fare con la corsa: 100 metri, staffetta, maratona, e cosi via. I giochi popolari testimoniano anch’essi il rapporto stretto tra gioco e corsa: corsa con l’uovo, corsa con la tina, eccetera. Pure molte feste popolari conservano aspetti rituali, competitivi e di sfida, in cui l’elemento ludico è la corsa a piedi o a cavallo.
Il salto ludico
Anche la funzione ludica del saltare è ricorrente. Basti pensare che vari sport olimpici, che altri non sono se non giochi ben regolamentati e praticati in forma specialistica, hanno a che vedere col salto: in alto, in lungo, triplo, con l’asta. E varie altre discipline anche ginniche (cavallo, sbarra, corpo libero). I giochi popolari testimoniano anch’essi il rapporto stretto tra uomo ludico e uomo saltatore in gare come il salto della corda, il salto della botte e la saltacavalla (zompacavallë o cavall luong).
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L'ALBERO DELLA CUCCAGNA
Il più divertente fra gli alberi è l'Albero della Cuccagna. Si tratta di un alto palo in cima al quale, da una ruota o da lunghi rami, pendono cose stuzzicanti: salami, prosciutti, collane di salsicce. I giovani più robusti e atletici si arrampicano sull'albero: chi riesce ad afferrare le cose appese può portarsele via. Sembra facile, ma non lo è: l'Albero della Cuccagna, infatti, viene abbondantemente spalmato di grasso e perciò... sviscccc! Quando uno crede di esser arrivato alla meta eccolo scivolare verso il basso. Perché l'Albero della Cuccagna si chiama così? Da che mondo è mondo, la massima aspirazione di tutti è quella di vivere senza lavorare pur avendo tutto ciò che si desidera.
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LA PIGNATTA
E’ gioco probabilmente derivato da antichi riti di passaggio in cui l’abilità dei giovani veniva messa alla prova per sancire il loro ingresso tra gli adulti. La gara richiama pure le giostre in cui la capacità dei concorrenti dava diritto al palio. Il bastone dei concorrenti attuali, infatti, rappresenta l’arma (spada, lancia) degli antichi cavalieri, e la pignatta è come l’avversario da battere. Nel gioco delle pignatte si può vincere (ottenere il premio) o perdere (subire lo scherzo) così come gli antichi cavalieri potevano sopravvivere o perire nella contesa.
Regole
Alcune pignatte vengono legate ad una fune e sospese ad una altezza di pochi metri: I recipienti sono stati riempiti con dei premi (oggetti, denaro, ecc) oppure con degli scherzi (farina, cenere, coriandoli). Ogni giocatore viene bendato sugli occhi, quindi gli si dà un bastone e lo si fa girare più volte su se stesso per disorientarlo. I concorrenti, poi, sono lasciati liberi di menare fendenti a destra e a manca e, se riescono a fracassare una delle pignatte, possono portare via il suo contenuto (premio). A meno che non abbiano la spiacevole sorpresa di dover subire lo scherzo : un bagno di farina, di cenere o di coriandoli. In taluni casi, le pignatte sono riempite di “acqua”. Ogni concorrente ha a disposizione un solo tiro per fracassare la pignatta. Il gioco si svolge da solo oppure a squadre (massimo cinque persone). Vince il concorrente o la squadra che trova il premio più grande (si stabilisce prima della gara).
Simbologie
Gli strumenti del gioco sono due: il bastone e la pignatta (intesa come vaso). Il bastone ha diversi aspetti simbolici, per lo più visto come arma e soprattutto come arma magica. Sostegno, difesa, guida, il bastone diventa scettro, simbolo di sovranità, di potenza e di comando nel campo intellettuale, spirituale e nella gerarchia sociale. Il bastone è anche oggetto fallico che richiama i riti di iniziazione sessuale. Il vaso, invece, ha significato di utero, di seno materno. Ma ha anche rapporti simbolici con le scoperte dei tesori. Il vaso è un recipiente “incantato” che contiene qualcosa di prezioso o soprannaturale. Per talune religioni, rompere il vaso (come nel caso del nostro gioco) vuol dire far disperdere il tesoro che rappresenta o che in esso è contenuto.
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LA TROTTOLA (strummëlë)
La trottola è un gioco conosciuto dai ragazzi di tutto il mondo. E’ praticato anche dagli adulti e richiede grande abilità, una buona esperienza e ottima capacità di concentrazione. In Spagna si chiama peonza, in Inghilterra top, in Francia toupie, nel Molise è detto strummëlë.
Il giocattolo
Il gioco prende il nome dallo strumento- giocattolo con cui si gareggia: un oggetto di legno a forma di pera (cono), fornito di scanalature alla cui punta è collocato un chiodo o un pezzo di metallo appuntito che costituisce il perno su cui il giocattolo ruota.
Regole
Il giocatore avvolge, in modo ben serrato uno spago lungo le scanalature della trottola, quindi la lancia a terra trattenendo il capo dello spago che svolgendosi scarica sul giocattolo una forza rotatoria che permette alla trottola di girare vorticosamente, poggiando ritta sul proprio perno. Mentre la trottola gira, i concorrenti la possono far salire sulla mano. Per decretare il vincitore della competizione vi sono vari metodi. Di solito vince semplicemente chi ha fatto roteare a terra la trottola per il maggior tempo (strummëlë ‘nterra). A volte si traccia un cerchio a terra e si cronometra il tempo in cui la trottola gira all’interno del cerchio (strummëlë ‘ncerchie). Nel caso in cui c’è la “presa in mano” si calcola il tempo durante il quale l’oggetto ruota sulla mano (strummëlë ‘mmane). In alcune aree la trottola è fatta girare sul dorso della mano, in altre sul palmo. Si può giocare da soli oppure in squadre. Nel secondo caso i tempi validi sono la somma dei tempi degli appartenenti alla stessa squadra. Nelle competizioni a squadre, queste ultime dovranno essere composta da tre giocatori: uno per ogni specialità (‘nterra – ‘ncerchie – ‘mmane).
Simbologie:
Secondo alcuni studiosi, nel lancio della trottola vi sarebbero reliquie di remoti usi religiosi o di premonizione. Ancora oggi, difatti, essa serve da strumento a indovini e stregoni. In certi villaggi francesi, i contadini facevano benedire in chiesa alcune trottole e poi le lanciavano; dal loro movimento (girate, fermate, cadute) traevano pronostici per il raccolto.